Dopo mesi di battaglie ieri è stato abbattuto il muro che ostruiva Via Trento a Martina Franca.
Il Leviatano è un mostro orribile che si scatena ogni volta che le classi entrano in guerra. Che siano esse operaie contro i padroni, o sudditi contro il re, il Leviatano si alza nella sua potenza e decide le sorti della battaglia. Ne parlava Hobbes nell’omonimo libro del 1600 e passa, in cui analizzava lo scontro del potere tra la monarchia e il popolo. Questo rapporto, una sorta di contratto sociale, costringe gli uni a seguire la legge dell’altro in modo che non si viva allo stato di natura: nella giungla la lotta tra predatori e predati è perenne e per evitare questo, gli esseri umani, si danno delle leggi, affidano il potere ad uno, o ad una classe, e evitano di vivere nel perenne terrore di essere uccisi.
A Martina Franca non accade questo: l’amministrazione comunale assente permette che viga la legge del più forte. Come è accaduto in via Trento fino a ieri, dove un importante imprenditore locale ha fatto valere i suoi diritti di proprietà con la “forza” occupando la strada che le carte dicono essere sua. I cittadini hanno subito per qualche anno, ma ad ogni avanzamento di centimetro il malumore cresceva, fino a fine marzo, quando un comitato spontaneo di cittadini ha deciso di dire basta alla situazione chiedendo un intervento dell’amministrazione. Nel frattempo era stato approvato un piano di riqualificazione dell’area, considerando come dato di fatto l’appropriazione della particella privata da parte del Comune. Per dispetto l’imprenditore ha allargato sempre più i confini reali della proprietà, con gradini, cancelli, grate, muri e alberi, fino quasi a farli coincidere con l’effettiva dimensione della particella posseduta.
All’epoca della costruzione della strada, infatti, il sindaco di Martina era un certo Motolese, famoso perchè concludeva gli affari con semplici strette di mano. Il caso di Via Trento è uno dei tanti: la strada appartiene a tre privati, oltre a Lucarella, la famiglia Lupoli, poi Bellanova e Raguso. Non c’è mai stato un pubblico atto di esproprio o qualcosa del genere e la strada potrebbe essere chiusa da una sbarra senza che si violi nessuna legge. Il caso di Lucarella poi, è particolare. Alcuni testimoni narrano infatti che l’accordo con Motolese abbia avuto come obiettivo l’apertura delle due saracinesche che insistono sulla strada: il sindaco dava l’autorizzazione all’apertura, l’imprenditore concedeva la strada. Una stretta di mano e l’affare è fatto. Solo che, succeduto al padre il figlio, questi vuole rivendicare i diritti di una proprietà mai formalmente alienata.
Siamo ai nostri giorni: i cittadini protestano, non possono transitare e non possono parcheggiare, i vigili multano e i confini si allargano. Il comitato non ce l’ha con l’imprenditore, come è ovvio, ma con l’amministrazione inadempiente. Solo che l’imprenditore ha modi di fare manco troppo gentili e potrebbe attirare su di sè il malumore. Nel frattempo infatti aumenta e si arriva all’ennesima manifestazione per strada, poi al Comune e infine ieri, dopo tanto lottare, con un decreto urgente, gli operai del comune, spalleggiati da uno schieramento di polizia che manco il G8, si ingegnano ad abbattere il muro e ridare al pubblico ciò che deve essere pubblico. Solo che tutto ciò rimane illegale: la proprietà è privata e secondo Lucarella Angelo, nipote di quello della stretta di mano, il diritto pubblico è superiore, ma deve essere corrisposta un’indennità corrispondente al danno. Il suolo è di vitale importanza per l’azienda e la somma predisposta dall’amministrazione è troppo bassa.
Alla fine il Leviatano è intervenuto con la sua forza bruta a risolvere una questione che aveva le carte in regola per degenerare. Ma che non è detto che tutto questo sia finito qui…
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