Misure anti-crisi: se i provvedimenti non saranno strutturali, la crisi sarà irreversibile

La situazione delle aziende tessili a Martina Franca sta assumendo i caratteri di una tragedia. Il comparto che, per decenni, è stato quello trainante di tutta l’economia martinese, sta subendo attacchi tanto forti che non è improbabile che nel giro di poco tempo possa del tutto sparire. Dal 2003 in poi i lavoratori sono diminuiti del 50 percento e da 350 aziende ne sono rimaste meno della metà. Solo quest’anno i numeri sono impressionanti: 277 operai hanno perso il lavoro, 240 sono in cassa integrazione straordinaria per crisi che, se non dovessero attuarsi provvedimenti che rilancino l’economia del settore, entro il 2009 si aggiungeranno ai primi. A questi dati bisogna aggiungere che il numero di settimane di cassa integrazione ordinaria quest’anno è cresciuto esponenzialmente. E questo è solo un dato parziale, perchè riguarda solo i lavoratori che si rivolgono alla Filtea.

Il periodo nero che sta investendo questo settore è la somma di due crisi diverse. La prima viene da lontano, da quando la maggior parte delle aziende hanno preferito delocalizzare (in particolare in Romania e in Cina) la produzione, alla ricerca di un sempre minore costo del lavoro. La seconda è la crisi finanziaria attuale, che chiude i rubinetti del credito alle imprese, bloccando i questo modo i pagamenti ai lavoratori e non solo, dato che l’accesso al credito rappresenta una delle necessità principali per lo sviluppo di un’impresa, anche in termini di investimento.

La differenza tra la crisi presente e quelle passate, è che questa ha assunto il carattere di definitività: se una volta i lavoratori potevano sperare di essere reimmessi nel mercato del lavoro, perchè le crisi sono cicliche, adesso, una volta licenziati, sarà impossibile essere riassunti.

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I provvedimenti anti-crisi messi in atto dal Governo di cui si sta discutendo sono insufficienti. Non basta mettere un tampone a quello che sta accadendo ora, ma serve anche mettere in campo strategie e risorse per permettere a questo settore di risollevarsi passato questo brutto momento. È necessario che gli ammortizzatori sociali siano applicati anche ai casi non previsti dalla legge, come le ditte con meno di 15 dipendenti e tutti coloro che hanno un contratto temporaneo. Nella crisi globale è infatti necessario tutelare tutte le competenze, che non sono solo espresse dall’occupazione a tempo indeterminato, in modo da non destrutturare le imprese e per reagire alla crisi dei mercati.

È necessario sottolineare anche che c’è chi potrebbe cavalcare queste gravi situazioni, simulando operazioni di cessata attività, smembrando le società per poi affidarle magari a prestanome. Ciò significa che l’Inps paga i debiti contratti dall’azienda verso i lavoratori e le agevolazioni previste per le nuove imprese. Questo è un modo per ottenere scorrettamente vantaggi competitivi a discapito delle aziende che decidono di operare nella legalità.

Giuseppe Massafra (segretario generale Filtea Cgil Taranto)

a cura di Massimiliano Martucci

MISERIE ALL’OMBRA DEL BAROCCO

DOSSIER POVERTÀ A MARTINA FRANCA 1: i numeri della crisi

Abbiamo cercato di ricostruire il problema povertà a Martina, partendo dai dati dell’Istat pubblicati all’inizio del mese.

Chi sono e quanti sono i poveri a Martina

In un periodo in cui si parla ripetutamente di crisi, crolli e povertà, ad essere inflazionati non sono solo i bilanci pubblici di tutto il globo, ma anche le parole per descrivere la situazione. Crisi è una parola che viene usata spesso in tutte le salse possibili, tanto da perdere quasi qualsiasi collegamento con la realtà che dovrebbe descrivere e non avere più quel valore ammonitorio che dovrebbe esprimere.

Abbiamo provato a descrivere quello che significa crisi analizzando la situazione di Martina Franca.

Il dato da cui partire è la rilevazione fatta dall’Istat all’inizio di novembre che riferisce di un’Italia in cui i poveri sono più del dodici per cento della popolazione. Relativamente poveri, dato il calcolo si basa su quanto una famiglia spende in un mese: se è composta da due persone e spende meno di 986 euro, allora è una famiglia in povertà relativa, perché, secondo la statistica, la spesa è indicativa del reddito.

La situazione del meridione è peggiore statisticamente rispetto al quadro nazionale. Secondo i dati dell’Istat, la percentuale di poveri è del 22 per cento di media, con picchi in Basilicata e in Sicilia.

Da dove viene la povertà: l’esempio del comparto tessile

Ci sono due tipi fondamentali di reddito: quello diretto e quello indiretto. Il primo è dato dallo stipendio mensile, che fa entrare in famiglia liquidità, e poi c’è il reddito indiretto che è dato dai servizi che lo Stato garantisce alle famiglie e per cui si pagano le tasse. Sono la scuola e la sanità per esempio. L’esistenza di una persona è garantita dall’interazione di questi due tipi di reddito.

Il reddito diretto è dato dal lavoro e il primo senza il secondo è impossibile. È notorio che il tasso di disoccupazione al sud sia più elevato e più elevati sono i numeri riguardo il precariato e il lavoro cosidetto grigio (quello per cui il salario percepito non corrisponde a quello segnato nella busta paga). Secondo le statistiche il tasso di disoccupazione in provincia di Taranto nel 2007 è del 10 per cento, con un percentuale doppia delle donne rispetto agli uomini (questi sono sull’8% mentre le donne si attestano intorno al 16%). Secondo il Centro per l’Impiego di Taranto, a su sedicimila persone iscritte all’Ufficio impiego di Martina, il 33 per cento di esse è disoccupato. Ma non è una percentuale esaustiva, dato che non tutte le persone si rivolgono a questo servizio se sono in cerca di occupazione.

cammelli_092 Per capire meglio la questione possiamo prendere ad esempio un settore specifico dell’economia martinese: il tessile. Per anni questo comparto è stato considerato quello trainante di tutta l’economia martinese, ma ultimamente sta attraversando una crisi molto pesante, anzi due, considerando che la difficoltà di questo reparto si sta incrociando alla crisi strutturale dell’economia mondiale. In parole povere, negli ultimi tempi un settore che stava perdendo commesse a causa dello spostamento della produzione verso la Cina o i posti dove il lavoro costa meno, ma sopravviveva grazie alle commesse che arrivavano dalle ditte più grosse. Per lavorare, le confezioni chiedevano anticipi alle banche per poter pagare gli stipendi che poi rimborsavano una volta ottenuto il pagamento. Adesso le banche hanno chiuso i rubinetti e i lavoratori sono in mezzo alla strada. Secondo Giuseppe Massafra, della Filtea CGIL, non è ancora possibile stabilire l’entità di quello che accadrà nel futuro, i numeri sono destinati sicuramente a salire (è emblematico che, mentre facevamo l’intervista, abbia avuto una telefonata che gli annunciava il licenziamento di altri trentacinque lavoratori). È necessario, secondo lui, che le autorità prendano atto della tragedia e studino dei provvedimenti adeguati perché la cassa integrazione straordinaria dura solo un anno. E poi c’è la questione del Distretto regionale della moda, la cui sede è Martina. La cosa è diventata ufficiale da poco, e sarebbe paradossale che nel momento in cui viene riconosciuto il ruolo fondamentale delle manifatture martinesi, queste chiudono.

I numeri di Martina Franca

I servizi sociali di Martina offrono alle famiglie particolarmente indigenti, un sussidio minimo economico, una somma di denaro che permette loro di provvedere alle necessità primarie come la spesa o il pagamento delle bollette. Da 2005 ad oggi sono state fatte 674 domande, ma nell’ultimo anno sono aumentate notevolmente. A fronte delle 146 domande presentate l’anno scorso, quest’anno, fino a novembre, ci sono state 202 richieste.

Il sussidio rappresenta l’ultima spiaggia di chi è in difficoltà. Secondo l’assistente sociale Rapisardi che si occupa di questi servizi, la somma di denaro erogata dal comune una tantum è utile ma non è fondamentale nella gestione del problema, perché non è una soluzione: «È assistenzialismo – ci dice – ed è come dare un pesce all’affamato invece di insegnargli a pescare. I soldi messi a bilancio dall’amministrazione sono abbastanza, si dovrebbe puntare verso programmi che incidano in maniera più strutturale». E quando le chiediamo chi sono i poveri di Martina, ci risponde: «Non è possibile fare un quadro preciso della situazione, ma negli ultimi anni ho visto aumentare notevolmente le persone sole, uomini o donne di mezza età, che non hanno nessun tipo di reddito. Molto spesso la loro sopravvivenza si basava sulla pensione dei genitori e, venuti a mancare questi, non sanno più come andare avanti».

Una ulteriore misura per comprendere il fenomeno “povertà” a Martina, potrebbe essere quello del contributo integrativo del canone d’affitto. Sono soldi che la Regione affida ai comuni per aiutare le persone a fronteggiare le spese per la casa. Per accedere non bisogna superare il reddito di quattordici mila euro annui. L’ultimo dato disponibile è quello del 2007, in cui un totale di 503 famiglie hanno avuto accesso al contributo.

Quanto siamo poveri

Questi numeri possono raccontare la realtà fino ad un certo punto, dato che ad essi sarebbe necessario aggiungere tutto quello che è sommerso, tutti coloro che fanno la fila nelle sacrestie per avere un conforto non necessariamente spirituale. La Caritas di San Francesco prende in carico una media di venti casi all’anno, a cui fornisce pacchi viveri o piccole somme di denaro. Ma non è la norma a Martina: alcuni sacerdoti non sembrano essere molto sensibili nell’accoglienza dei poveri.

Un percezione migliore del fenomeno si ha girando per il mercato, oppure dando un’occhiata alle vie dello shopping cittadino e alla loro desolazione. La spirale è chiara: per garantirsi un maggior profitto si punta o sul precariato o sulla delocalizzazione dell’impresa. Si abbassa in questo modo il costo del lavoro ma contemporaneamente si inizia a licenziare o a pagare salari più bassi. Questo crea sacche di povertà che non potendo più garantire un numero costante di consumi provoca una crisi. I numeri martinesi sono preoccupanti, ma non sono ancora diventati allarmanti. Non dobbiamo però rattristarci: l’ottimismo è il profumo della crisi…

Non è un cassonetto ma un avvertimento…

Che il problema dei rifiuti sia presente anche a Martina era una cosa nota, ma che non riuscissimo nemmeno a permetterci dei cassonetti nuovi, è una novità. Basta andare dalle parti del Carmine e scendere dalla parti del tabaccaio che c’è di fronte alle scuole, e troviamo quel bel cassonetto che sta in foto.

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I dubbi che ci vengono sono due: o la Tradeco che da anni gestisce il traff… pardon, lo smaltimento dei rifiuti a Martina abbia comprato tutto il pacchetto da Scanzano rifiuti nucleari+cassonetti oppure lo smaltimento dei rifiuti per il quartiere Carmine è fatto dalla stessa azienda che serve il comune lucano. E sì, perchè Scanzano è famoso per le battaglie della sua popolazione contro l’istallazione di un cimitero di scorie nucleari, giacenti dalla chiusura delle centrali atomiche. Chi non ricorda il blocco delle strade fatto con i trattori. Bene, ora i loro cassonetti vecchi ce li abbiamo noi. Speriamo che questo cassonetto non sia un monito che ci indica che arriveranno anche le scorie che gli scanzanesi hanno scansato.

Paura eh???