Una (non troppo) fantasiosa ricostruzione del perché a Martina è impossibile trovar casa.
L’otto dicembre scorso il noto blog Liberamartina, riportava per primo la storia del signor Cosimo P. disoccupato e sfrattato, costretto a dormire nella villa comunale. Senza lavoro e senza soldi quindi, impossibilitato a pagare l’affitto, per alcune notti si è adattato a dormire su una panchina della villa.
Nonostante questa possa sembrare l’ennesima storia di povertà, l’ennesimo caso umano su cui versare un po’ di lacrime, una situazione del genere ci offre lo spunto per una riflessione sul tema case.
Secondo le statistiche dell’Istat, i nuclei famigliari sono circa diciottomila e il totale delle abitazioni risulta quasi il doppio, circa trentamila. Il dato quindi ci dice che le case sono più delle famiglie, anzi che c’è una casa ogni due persone. L’offerta quindi supera la domanda. Secondo le leggi di mercato in una situazione del genere i prezzi dovrebbero calare, permettendo a tutti di acquistare. Invece non è così, i prezzi al metro quadro a Martina sono tra i più alti in provincia e sono un reale ostacolo all’acquisto. Questo perché gli imprenditori edili sembra abbiano fatto cartello e, in barba alla libera concorrenza, fanno il bello e il cattivo tempo. A questo si aggiunge un piano regolatore che ha esaurito da un bel pezzo le sue funzioni, avendo la veneranda età di venticinque anni. Le zone edificabili sono state edificate e si costruisce solo in deroga al piano stesso. Un nuovo Piano Urbanistico permetterebbe sia di costruire, sia di abbassare i prezzi, indicando un livello massimo di canoni d’affitto e un tetto al rapporto prezzo/metratura. Da questo punto di vista, il Consiglio Comunale, non solo quello tutt’ora in carica, ha fatto sempre orecchie da mercante, facendo dubitare i più maligni di commistioni tra la classe politica dirigente e i (pochi) imprenditori che riescono ancora ad avere licenze edilizie.
Sebbene sia difficile vendere (in realtà è difficile acquistare), il mattone a Martina è un’attività redditizia, altrimenti non si spiegherebbero i vari escamotage per scavare fondamenta e far crescere condomini. L’episodio dell’articolo 51 è emblematico: durante la crisi politica a ridosso del 2000, il Comune fu retto dal commissario prefettizio Sessa che, andando ben oltre i suoi compiti, autorizzò una maxivariante al piano regolatore che prevedeva la costruzione di ben 430 appartamenti sparsi a macchia di leopardo su tutto il territorio comunale, in particolare dalle parti del Pergolo e di via Massafra. Ma la procura intervenne a bloccare tutti i procedimenti: non solo non era nei compiti del commissario approvare una cosa del genere, ma l’elezione del sindaco ci sarebbe stata di lì a pochissimi giorni, se c’era davvero necessità, sarebbe bastato aspettare. Inoltre anche l’uso dell’art. 51 della legge sull’edilizia è stato improprio: la legge prevede che, in caso di necessità, ci può essere una deroga al piano regolatore per interventi di carattere pubblico, mentre l’iniziativa di Sessa e compari era indirizzata verso i privati. L’affare colossale è stato bloccato, e la procura ha iniziato un’inchiesta coinvolgendo otto persone tra imprenditori e funzionari comunali, compreso Sessa. Una storia che è addirittura approdata in Parlamento.
Questo accade tra il 2002 e il 2003.
Nel frattempo nessuno si è mosso per quanto riguarda il Pug, a parte qualche dichiarazione estemporanea. Il problema dell’accesso alla casa però rimane alto, tanto che lo Iacp, l’Istituto per le case popolari, presenta un progetto per la costruzione di una ventina di appartamenti finanziati dalla Regione. Quasi due milioni di euro per dare una boccata di ossigeno alle tante famiglie che non possono permettersi le cifre esose dei proprietari di casa. Tutto però si risolve in una bolla si sapone. Il progetto, presentato al comune, si perde tra le varie carte dell’Ufficio Tecnico, nonostante le promesse che il sindaco Palazzo ha fatto ai funzionari dello Iacp. Il tempo passa e la Regione decide di intervenire, dirottando i fondi per le nuove case popolari verso Manduria.
Questa disattenzione dei funzionari comunali e dei politici amministratori potrebbe costare cara alla città, perché nonostante le lunghe liste di famiglie in attesa di alloggio, l’occasione propizia si è persa. Sennonché spunta fuori dal cilindro la cosiddetta Legge 12, varata dalla Regione la scorsa estate, che prevede la possibilità di andare in deroga al piano regolatore e rendere edilizie alcune aree, in particolare le zone E, le aree dove sarebbero previste solo villette, per intenderci. La legge 12 si riferisce ai comuni con elevata tensione abitativa e prevede che i proprietari delle aree suddette possano costruire in deroga al piano regolatore, sia rispetto alle dimensioni sia rispetto all’indice di abitabilità.
L’unico obbligo è che siano rispettate le norme e i massimi d’affitto previsti dalla legge, trattandosi di edilizia economica convenzionata. Un privato, cioè, fa le veci del pubblico e ne rispetta i termini. Solo che invece di pagare l’affitto allo Stato, lo si paga al costruttore. La ghiottoneria della legge però sta nell’obbligare chi costruisce a donare il dieci per cento degli appartamenti al Comune, come se fosse una sorte di rimborso spese. Il Comune quindi avrebbe da assegnare alcuni alloggi alle famiglie che aspettano da tempo.
Se fossimo in una realtà degradata, tipo Palermo degli anni ottanta o novanta, e non in un paese civilissimo come Martina Franca, si potrebbe pensare che la “dimenticanza” del progetto dello Iacp sia stata voluta perché sono ancora in ballo i 430 appartamenti dell’articolo 51. Questo fatto potrebbe addirittura arrivare a bloccare la stesura di un nuovo piano regolatore, perché chi avrebbe dovuto costruire perde un investimento milionario, dato che tutti avrebbero la possibilità di edificare. Nel frattempo che si risolva l’inchiesta, piove dal cielo la legge 12, voluta dalla Barbanente per risolvere problemi reali, ma che a Martina (se non fosse la civilissima di cui siamo certi) risolverebbe i problemi di alcuni costruttori. Per verificarlo basta andare dalle parti di via Massafra e verificare se i terreni sono in vendita o sono già stati venduti e a che prezzo. Oltretutto, se non fossimo nella civilissima Martina, si potrebbe arrivare a pensare che gli appartamenti non solo sono un investimento sicuro ma possono anche servire in caso di elezioni come scambio o favore. Se su cento appartamenti, dieci sono del Comune, le famiglie a cui toccherà la fortuna di usufruirne saranno eternamente grati all’assessore che le ha scelte.
Questa lettura naturalmente va ben oltre i fatti, sono supposizioni fantasiose. Se il nuovo piano regolatore sta assumendo ormai le stesse caratteristiche del Messia per il popolo ebraico, che campa sperando di vederlo, è per necessità contingenti, importanti. Siamo sicuri che un Consiglio Comunale con un’alta percentuale di geometri e ingegneri e fratelli di geometri e cugini di ingegneri non avrebbe difficoltà a stilarlo. Se non lo fa è perché ci sono motivi gravissimi che noi cittadini non possiamo nemmeno immaginare. Per questo, caro signor Cosimo P. che cerchi casa, ti consigliamo di considerare Crispiano come valida alternativa.